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Tremonti: “Superlega? Si oppone al calcio, viola i trattati. La strada è…”

Marco Astori

Le parole dell'ex ministro dell'economia: "L’Europa è nata su cose concrete e dal basso. E deve continuare così. In ogni piramide il vertice ha bisogno di una base"

Lunga intervista concessa da Giulio Tremonti, ex ministro dell'economia, ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Il tema affrontato nella discussione è ovviamente la creazione della Superlega, progetto che però sembra già in sfaldamento: «Il calcio è una cosa concreta e comune con un’alta “cifra politica”, politica nel senso di popolare. Parlare di calcio ci aiuta a capire che l’Europa non può svilupparsi come la storia della “montagna incantata” di Thomas Mann con il rischio del triste finale della civiltà europea, simboleggiato dal suicidio del gesuita Naphta».

Dunque la Superlega è qualcosa che va molto al di là di una questione sportiva?

«È una grande questione politica e civile. Il contrasto fra la vecchia triade Liberté-Egalitè-Fraternité contro la nuova che si è affrontata in questi anni, globalizzazione-mercato-moneta. Cioè: siccome ho i soldi mi impongo su tutto, seguendo un cammino dall’alto verso il basso, dall’elite verso la base, dall’universale contro il particolare. La Superlega si oppone al mondo del calcio, un mondo locale, che vede i territori come contenitori della tradizione, che vede al centro gli individui e le passioni, non solo i valori economici».

Ma quest’Europa ora ha qualcosa a cui aggrapparsi?

«Guardi che ci sono dei materiali giuridici molto importanti, diverse Risoluzioni del Parlamento europeo, il Libro bianco sullo sport. C’è una miniera di argomenti per contrastare la Superlega, come l’avvocato li userei. La questione pare invece messa in termini di antitrust, concorrenza, mercato: termini che valgono altrimenti ma non nel campo del calcio. Basta leggere il Trattato europeo per capire che l’Europa non è solo moneta o finanza, se così fosse si arriverebbe al suicidio di Naphta e all’omicidio del calcio. Non si può reagire con l’idea monomaniacale che tutto cominci e finisca con il mercato. È una questione di principi».

Queste risoluzioni sono una base robusta per la sfida?

«Certamente. E quando leggiamo che il governo francese ipotizza una direttiva contro la Superlega, è proprio perché il calcio sta nel Trattato, e le direttive servono per applicare il Trattato, non per cambiarlo».

Una direttiva che forza giuridica può avere?

«Totale. Certo puoi fare ricorso. Dopo decenni di mercato e basta, prima con gli Eurobond con il Covid e ora con il calcio si deve arrivare a una logica di valori di solidarietà. Il calcio non è terreno di mediazione, è uno dei valori fondanti. Certo può essere che l’operazione si smonti da sola, che le elite finanziarie non riescano a sopraffare il sentimento dei popoli e a violare i principi del Trattato».

In effetti, il progetto sembra sfaldarsi. In ogni caso il calcio come il carbone allora?

«L’Europa è nata su cose concrete e dal basso. E deve continuare così. In ogni piramide il vertice ha bisogno di una base molto ampia, è impossibile cancellarla. Le piramidi partono dalla base e non dal vertice. Vista così la questione ci si mette dal lato giusto della storia. E chissà mai, a giudicare dalle reazioni dei popoli e dei governi, che sul calcio si sviluppi a partire dall’Inghilterra una Brexit al contrario».