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Come è nato il rapporto con Mancini?
“Io stavo per smettere. Lui è arrivato a dicembre, mi ha chiesto dei consigli anche se giocavo poco. A fine stagione mi ha chiesto di rimanere nello staff, ha visto in me caratteristiche giuste per questo mestiere. Ma non ero pronto, volevo tornare in Brasile e lui lo ha capito. Nel dicembre 2014 però mi ha chiamato all’inter e sono venuto a Milano”.
Cosa le è rimasto?
“Tante cose. Milano è bellissima, ci è rimasta nel cuore. Mio figlio adesso gioca a calcio in una università americana, mia figlia sta finendo gli studi a Madrid: parlano perfettamente italiano”.
Cosa ha dato e cosa ha ricevuto da Mancini?
“Ho ricevuto tanto, lui è un gestore strepitoso, conosce i calciatori, ha personalità, leadership, tranquillità. Io spero di avergli dato qualcosa”.
L’Italia è favorita?
“È giusto che sia così, ma il calcio è pazzesco: può succedere di tutto”.
Cosa si aspetta dall’Italia?
“Spalletti è uno dei migliori, mi aspetto un’Italia organizzatissima, dura, forte in transizione, che se serve difende”.
Chi vorrebbe allenare?
“C’è qualcuno che ho allenato. Mancini voleva far giocare un ragazzino delle giovanili largo a sinistra: Dimarco".
Asllani è il leader tecnico?
“È cresciuto tantissimo ed è forte nella testa. Ha capito che la vita non regala nulla”.
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