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Tardelli: “Da piccolo interista per esclusione. Ero già  dell’Inter poi arrivò la Juve col cash”

Daniele Mari

Intervistato da “La Tribù del Calcio”, su Premium, Marco Tardelli ha ripercorso le tappe della sua carriera: “La mia è una generazione che viene dal calcio di strada: ricordo che scavalcavo il muro e andavo a giocare a pallone...

Intervistato da "La Tribù del Calcio", su Premium, Marco Tardelli ha ripercorso le tappe della sua carriera: "La mia è una generazione che viene dal calcio di strada: ricordo che scavalcavo il muro e andavo a giocare a pallone nei campi vicino a casa, con le porticine fatte con i maglioni. A casa, mia mamma si lamentava sempre: un po’ perché rovinavo le scarpe, un po’ perché secondo lei ero troppo magro e malaticcio per dedicarmi a questo sport.

Ma io non l’ascoltavo, d’estate giocavo dalla mattina alla sera, niente vacanze: grandi partite e poi tutti a rubare susine e uva. Era bellissimo. Sono cresciuto in una serena povertà: un’infanzia bellissima, tre fratelli che mi hanno sempre protetto, un padre presente che alla sera al suo rientro giocava sempre con noi. E naturalmente mia madre, che oggi ha 92 anni e sono così felice di avere ancora qui con me. Lei era la più severa, voleva che studiassimo di più.

Papà si convinse a farmi provare l’avventura nel calcio grazie ai miei fratelli: sono loro che hanno insistito tanto, che mi hanno comprato la prima valigia per andare in ritiro. Mio padre di calcio non capiva niente, non ci credeva. Venne a vedermi solo una volta, quando con il Como fummo promossi in serie A.

Da piccolo ero interista per esclusione, perché i miei fratelli tifavano uno per la Fiorentina, uno per il Milan e uno per la Juve. Ma il mio idolo era Gigi Riva: era mancino e grazie a lui sono diventato ambidestro. Io ero destro ma volevo calciare come lui e allora passai sei o sette mesi a giocare con gli amici calciando solo di sinistro. Ma il problema che avevo era un altro: ero piccolo, magro, esile e nessuno mi dava credito. Feci diversi provini: con la Fiorentina, il Bologna, il Milan, ma tutti mi chiusero le porte in faccia.

A credere in me alla fine fu il Pisa, poi arrivò il Como e a 21 anni il passaggio alla Juventus, anche se a dire il vero prima della Juve era tutto fatto con l’Inter: ricordo che Fraizzoli aveva già fatto le foto con me. L’accordo col Como era di 700 milioni più Guida. Ma a un certo punto arrivò Boniperti con il cash: un miliardo. Ovviamente il Como accettò. Ricordo che a contratto siglato Boniperti chiese a Beltrami (allora direttore dell’Inter, ndr) se lo avesse fregato o meno. E Beltrami gli rispose che sarei andato al Mondiale già nel ‘78. E così fu. Firmai per la Juve a 21 anni e quell’estate arrivai in sede con la catenina al collo, il  braccialetto e i capelli lunghi. Boniperti, quando mi vide, mi disse di togliermi tutto e tagliarmi i capelli. In quel momento capii che la mia vita stava davvero cambiando”.