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Tomasson: “Occhio a questa Danimarca. Eriksen? Mai vissuto niente di simile”

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Jon Dahl Tomasson, ex attaccante del Milan e vice allenatore della Danimarca, ha parlato così della Nazionale di Hjulmand

Matteo Pifferi

Jon Dahl Tomasson, ex attaccante del Milan e vice allenatore della Danimarca, ha parlato così della Nazionale di Hjulmand a La Gazzetta dello Sport:

«Dico Francia o Italia, per questo Europeo. Ma vi do un consiglio: state attenti alla mia Danimarca, può arrivare in fondo. La Danimarca è speciale, la maniera in cui la squadra si è rialzata dopo quanto accaduto a Eriksen è fuori dal normale, roba da eroi. E Kjaer è il simbolo di quel gruppo, un grande leader, che mette sempre la squadra al di sopra di se stesso».

Lei è stato vice allenatore della nazionale fino a un anno e mezzo fa: qual è il segreto?

«In tre anni non abbiamo perso neppure una partita, la base di lavoro è ottima, oggi è difficile far gol a Schmeichel. E c’è una sintonia tra giocatori che fa della nazionale quasi una squadra di club».

Cosa ha aggiunto il c.t. Hjulmand?

«Ci chiamano i brasiliani della Scandinavia, il calcio tecnico ce l’abbiamo nel sangue: prendi Damsgaard, ha un’intelligenza calcistica fantastica, ha un futuro entusiasmante. Hjulmand ama il pressing costante, la sua è una squadra che domina il gioco sia con sia senza palla. Ed è flessibile: visto come è passato dalla difesa a quattro a quella a tre?».

Ora c’è il Galles, poi potenzialmente l’Olanda ai quarti. Davvero si può ripetere l’impresa del 1992?

«Sono convinto che la squadra possa arrivare molto lontano nel torneo. La situazione legata ad Eriksen ha reso il gruppo ancora più forte. E nel 1992, fu proprio il gruppo a far vincere l’Europeo alla Danimarca. Sono altre le nazionali favorite, ma i sogni spesso diventano realtà».

A proposito: chi sono per lei le favorite?

«Prima del torneo avrei detto la Francia. E lo dico ancora, nonostante non sia ancora andata al massimo. Però mi aspetto che cresca, da qui in avanti. E poi… perché non dovrei dire l’Italia? Mancini può vincere l’Europeo: gioca un calcio moderno, è insieme alla mia Danimarca la squadra che mi ha impressionato di più nei gironi».

Che cosa le è piaciuto?

«Gli azzurri sono belli da vedere e difficili da affrontare. È una squadra giovane, è dinamica, gioca un calcio fluido. E c’è una nazione intera che ha fame di calcio, dopo la delusione dell’eliminazione dal Mondiale 2018. La motivazione del paese è benzina per tutta la squadra. Il marchio di fabbrica del calcio di Mancini è la pressione alta, l’intensità. È arte e guerra insieme, il vostro modo di difendere non ha eguali, amo quella passione per la difesa vista negli occhi di Chiellini sul salvataggio contro la Turchia: sembrava una difesa del Paese, non di una porta».

Come ha vissuto l’arresto cardiaco di Eriksen?

«Non ho mai provato niente del genere in vita mia. Stavo guardando la tv, sono rimasto paralizzato. Sono scoppiato in lacrime, è stato scioccante, l’incubo peggiore. Conosco Chris benissimo, abbiamo giocato in nazionale insieme, sono pure stato il suo allenatore con la Danimarca. In questi giorni sono stato in contatto con lui. È una persona adorabile, ora per fortuna sta bene ed è al sicuro, con la sua famiglia».

Da allenatore, ha visto nuove tendenze in questo Europeo?

«Nessuna grande novità. Ma ho notato una grande flessibilità tattica da parte di tutti. E la maggior parte delle squadre cerca il pressing altissimo, come il mio Malmoe».

Che tipo di tecnico è Tomasson?

«Esigente e ambizioso, la vittoria deve andare di pari passo con il bel calcio. I moduli fissi non servono a nulla, esistono solo per i primi 5 secondi della partita. Mi piace dominare il caos e crearlo nella testa degli avversari: chi non ti capisce, non ti ferma. Il mio Malmoe non vinceva il campionato da due anni, ma con spirito di squadra ci siamo riusciti».

Quale allenatore l’ha più influenzata?

«Nella gestione del gruppo, sicuramente Ancelotti: quando alleni una squadra di vertice, è fondamentale convincere giocatori di alto livello a lavorare insieme. Sto cercando di ispirare tutte le mie squadre ad avere la stessa incredibile mentalità vincente che aveva il mio Milan. E poi, come altri tecnici, dico Bert van Marwijk e Morten Olsen».

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