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Toni: “Solo Osimhen e Abraham in Italia possono fare 25 gol. Inter? Deve ricalibrarsi”

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Intervistato dal Corriere della Sera, Luca Toni ha parlato così degli attaccanti in circolazione e del campionato italiano

Matteo Pifferi

Intervistato dal Corriere della Sera, Luca Toni ha parlato così degli attaccanti in circolazione e del campionato italiano:

«Difficile oggi trovare un centravanti puro, perché è cambiato il modo di giocare. La punta fa movimento e va a tutto campo. Attacca e difende, anche. Sfrutta la fisicità o la velocità. Non ha una squadra al suo servizio, il gol diventa un prodotto d’insieme. In Italia si fa fatica a trovare il centravanti fortissimo, non ci sono i Lukaku o i Benzema. Il club che scommette sul giovane bravo, lo cresce in casa e può così puntare in alto. O anche su un gruppo affiatato di ragazzi, come il Milan che in questi mesi ha avuto una crescita esponenziale».

Per ambire allo scudetto?

«Il campionato finora è abbastanza livellato, ma credo che il Milan possa avere una chance in più. Pioli è stato abile nel far crescere un gruppo di giocatori forti, a motivarli. Ha creato un clima di entusiasmo che diventa fondamentale per arrivare fino in fondo e tagliare il traguardo. È una squadra che esprime l’affiatamento che ha creato l’allenatore. C’è poi il discorso Champions che può rappresentare una variabile, il doppio impegno toglie tante energie. Ha una rosa lunga, ma forse non abbastanza. Questo aspetto vale però per tutte le squadre italiane impegnate nelle coppe».

Sono tornate le sette sorelle?

«Sì le squadre più o meno sono sempre quelle dei tempi in cui giocavo, ma i valori adesso si equivalgono. La pandemia e la crisi economica hanno decretato la fuga dall’Italia dei top player e chi dovrebbe venirci considera il nostro campionato una seconda scelta».

La Juventus si sta ritrovando, quanto ha pesato la partenza di Ronaldo?

«Perdere un campione come Ronaldo è un brutto colpo. Quando ce l’hai sembra che sia un peso, poi ti accorgi che le responsabilità che prima erano tutte su di lui vanno divise, il cambiamento e l’adeguamento non sono automatici».

L’Inter?

«È la squadra che ha perso di più rispetto all’anno scorso, ora deve ricalibrarsi. C’è comunque ancora tempo e potrebbe stupirci. Bene il Napoli che non ha venduto nessuno e con Spalletti può fare il salto di qualità».

Può essere Spalletti il valore aggiunto?

«Conosco l’allenatore e la sua ambizione, anche se quando eravamo insieme all’Empoli non aveva ancora vinto nulla di importante. Era più giovane, ma era già evidente la voglia di crescere. Tutto quello che è venuto dopo, anche in Russia, è stata una conferma. A Napoli sta facendo bene e non è un caso. Ha una rosa forte e una piazza così calda rappresenta una sfida importante. Ha scelto Napoli dopo due anni di riposo forzato per vincere qualcosa, ne sono certo».

Da ex centravanti è stupito da Osimhen?

«Prima che arrivasse in Italia non lo conoscevo molto. Lo scorso anno ho avuto modo di apprezzarlo, ma il Covid poi lo ha fermato. Lo trovo migliorato dal punto di vista tecnico, credo anche grazie a Spalletti che è molto esigente. In velocità è devastante, non è un centravanti fisico come Lukaku, ma ha gamba».

Se dovesse paragonarlo ad un attaccante del passato?

«Mi ricorda Shevchenko per la capacità di svariare su tutto il fronte d’attacco e per la velocità. Osimhen e Abraham della Roma, al momento, sono gli unici attaccanti in serie A che possono garantire 25 gol a stagione».

Bastano per ambire allo scudetto?

«Alla vittoria del titolo concorrono tutta una serie di fattori: in primis la responsabilità che ogni giocatore deve sentire su se stesso, la forza del gruppo, la continuità».

Insigne, altro punto di forza del Napoli?

«La vittoria dell’Europeo gli ha dato consapevolezza e autostima, che adesso sta mettendo a frutto nel suo club. Il c.t. Mancini gli ha dato un valido aiuto. Oggi Insigne è il leader che prende la responsabilità, nel bene e nel male. Da napoletano è molto più difficile, ma anche più gratificante».

Koulibaly, Maignan soltanto le ultime vittime degli insulti razzisti negli stadi. Ha mai assistito in diretta a episodi simili quando giocava?

«Il razzismo è sempre esistito, una piaga difficile da debellare se non si utilizza il pugno duro verso quattro imbecilli che con i loro comportamenti macchiano un’intera tifoseria. Rispetto al passato oggi sono più evidenti perché ci sono telecamere ovunque. Io radierei queste persone dagli stadi».

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