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Nel suo libro appena uscito Francesco Totti rende omaggio a San Siro. Ne parla come di uno stadio competente e sensibile alla bellezza, secondo solo alla sua casa (l'Olimpico): "Scendere in campo a San Siro è un'emozione seconda soltanto all'Olimpico (casa mia, non scherziamo) perché quella della Scala del Calcio non è soltanto una bella immagine, ma la realtà: io lo capisco quando comincio a scrollarmi di dosso il timore reverenziale e a giocare senza la paura di sbagliare che inevitabilmente ti coglie tra quelle quattro pareti di folla. E al di là delle sconfitte, che ad un certo punto incominceranno pure a trasformarsi in vittorie, comprendo dove mi trovo, e soprattutto chi mi guarda, dal mormorio che segue un gesto tecnico eseguito bene. San Siro è assetato di qualità, e quando gliela mostri te la riconosce come nessun altro stadio. Può fischiarti e insultarti, specie quando gli fai paura, ma desidera la bellezza a prescindere dalla maglia che indossa. Può darsi che fosse successo prima altrove, ma non me lo ricordo: di San Siro rammento invece benissimo gli applausi per una giocata difficile, e quelli al momento della sostituzione dopo una prestazione di classe".
Poi Francesco ripesca un episodio, nella terza stagione di Spalletti, accaduto a San Siro. Un pareggio provvidenziale per l'Inter, che ipoteca con quel punto parte dello scudetto. I giallorossi hanno diverse occasioni e passano in vantaggio con un gol di Totti. Ma non è finita per nulla: "Dovremmo trovarci almeno due reti avanti negli ultimi minuti, quando Zanetti - uno che non segna mai! - indovina una diagonale da fuori area che si infila nell'angolino. Pazzesco pareggiare così. Fra l'altro io sono lì in zona, e quando vedo la palla sul destro di Zanetti non affondo il contrasto per non commettere fallo, convinto che una punizione dal limite sarebbe molto più pericolosa di quel tiro. Ma quando ci si mette il destino, non hai chance."
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