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Trapattoni: “Sogno ancora di allenare. Medici e infermieri ora sono la nostra grande squadra”

Le parole dell'ex allenatore in un'intervista al quotidiano Repubblica

Alessandro De Felice

Una lunga intervista a cuore aperto per raccontarsi in questo momento di grande difficoltà. Giovanni Trapattoni ha parlato al quotidiano Repubblica dell'emergenza Coronavirus e di come lui sta vivendo questa situazione particolare: "Resto tranquillo in casa, nel mio studio dove custodisco i ricordi: le coppe, le fotografie, i cimeli, ma soprattutto la collezione di musica classica. Ecco, ne sto ascoltando tantissima. E poi faccio le parole crociate, l’altra mia grande passione".

Sappiamo che lei è sempre molto attivo sui social: il suo messaggio agli italiani è stato uno dei primi e più seguiti, all’inizio dell’emergenza.

"In quel breve video dico che è il momento di stare tutti in difesa. Ci sarà tempo per uscire di nuovo dall’area di rigore".

Come sta vivendo, lì in Lombardia, questa spaventosa situazione?

"Non bisogna ragionare da lombardi o da europei, ma da esseri umani. E come essere umano devo dire che è molto dura".

Ha paura?

"Non per me, ma per i miei ragazzi, i figli e i nipoti. E più in generale per tutti i giovani. Dal punto di vista personale sono sereno, anche se preoccupato. Sarà una grande prova per tutti".

Nelle partite più difficili bisogna restare calmi: come riuscirci?

"Dobbiamo pensare a chi sta facendo andare avanti l’Italia, e trovare forza da queste persone. Penso ai tanti professionisti che rischiano la vita per noi: la cassiera del supermarket, gli operatori ecologici, le forze dell’ordine, la Protezione Civile, l’Esercito, la Croce Rossa, e naturalmente i medici e gli infermieri. Sono loro, adesso, la nostra grande squadra. Ma non dimentichiamo che di quella squadra facciamo parte tutti, e tutti dobbiamo fare la nostra parte".

Come vive l’assenza di sport un uomo di campo come lei?

"Il calcio e lo sport mi mancano, naturalmente. Farne a meno mi rattrista, perché lo sport è vita e gioia. Neppure le guerre mondiali lo avevano fermato del tutto, e questo ci fa riflettere sulla gravità del problema. Ma sono sicuro che lo sport sarà alla base della ripresa: ci darà forza e passione. Il calcio è lo strumento più semplice e potente per unire i giovani di tutto il mondo, va oltre ogni confine e ogni ideologia, va anche più in là della politica. Ci servirà per ricominciare, speriamo migliori".

È difficile immaginare Trapattoni chiuso in casa.

"Non esco neppure per fare due passi, è una cosa strana per me, ma necessaria. Mio nipote e il suo papà ci portano la spesa a casa, questo mi fa un po’ effetto, ma viene il momento in cui bisogna affidarsi agli altri. Vuol dire che sarà ancora più bello riprendere la vita normale, uscire, stare insieme e abbracciarci".

Le capita mai di sognare?

"Sì, sogno ancora di giocare a calcio e di allenare".

E il futuro, Trap, come se lo immagina?

"Sono credente, ho avuto una vita felice, ringrazio Dio per questo e davvero non chiedo altro. Nessun rimpianto, se non per gli amici che se ne sono andati. Dopo gli ottanta è come andare ai supplementari: questa è diventata la mia partita, e la gioco meglio che posso. Arrendersi, mai".

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