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Trezeguet: “Ecco perché la Juventus domina in Italia ma non in Europa”

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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex Juventus David Trezeguet ha parlato così del nuovo corso dei bianconeri

Matteo Pifferi

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex Juventus David Trezeguet ha parlato così del nuovo corso dei bianconeri.

Il corso da allenatore e il corso da direttore sportivo sono nel curriculum. Ma quale sarà il Trezeguet... vero?

«Io credo che un ex giocatore come me possa essere utile a fianco di un allenatore, un dirigente e un presidente. Con tutto il rispetto, io da calciatore avevo dialogo con Bettega, non con Giraudo. Mi capiva di più. Ecco, mi vedo in un ruolo simile. Anche Maldini e Zanetti, in un certo senso, hanno quel compito».

Ma perché lasciare la Juve?

«Perché voglio reinserirmi nel calcio. Ora ci sono allenatori giovani ma non molti dirigenti giovani: penso che siamo all’inizio di un cambio generazionale. E poi perché devo dimostrare a me stesso di poterlo fare».

Da possibile dirigente, quel è stato il maggior errore fatto dalla Juve nell’era Agnelli?

«Lasciare andare via Coman».

E il più grande colpo di genio?

«Prendere Cristiano Ronaldo».

Per il campo o il business?

«Perché nessuno aspettava CR7 in un club che ha sempre avuto la grande attenzione al bilancio nel dna. Certo, c’è stato qualche problema coi compagni, si è visto, ma ha segnato 100 gol».

Quei problemi con i compagni, nati dal fatto che CR7 a volte ha avuto regole... personali, erano evitabili?

«Io credo che nessuno come Zidane abbia saputo gestirlo. Forse alla Juve è mancato un certo dialogo. Un allenatore può prendere un giocatore, fargli vedere una partita e dire: “Guarda, hai camminato per 90 minuti. Dammi una mano a vincere”. Ci sono giocatori che ti fanno vincere e non puoi averli contro. Ronaldo ti fa vincere, e anche Dybala; altri, con tutto il rispetto, meno».

Come è cambiato il rapporto allenatore-giocatori?

«Mio papà mi diceva una cosa una, due, tre volte e poi era quella. Punto. Io con i miei figli sono più un amico e non so se vada bene. A volte hai paura che ti prendano in giro. Ecco, Conte e Allegri sono più genitori vecchio stile, altri allenatori no».

A proposito, da che cosa si capisce se un allenatore è bravo?

«Dalla cura dei dettagli. Un giocatore rispetta un allenatore che sa dare il consiglio giusto».

E con Allegri, pollice alto?

«Nella gestione di certe partite, sicuramente. La Juve ha rischiato di non andare in Champions per uno 0-3 con il Milan. Con Allegri non sarebbe successo».

E allora, facciamo un bilancio degli ultimi anni di Juve?

«È ancora un riferimento in Italia. E’ praticamente l’ultimo club con una proprietà italiana e qui domina. A livello internazionale no, questo è chiaro. La problematica per me è la mentalità».

Che significa?

«Il mondo di pensare calcio italiano non va più bene. In Italia ci si difende bassi e si chiede agli attaccanti di risolvere. Si gestisce l’andata in vista del ritorno. All’estero tutti vanno a tutta velocità, sempre. Io sono per i cambi radicali: dopo Allegri, mi sarebbe piaciuto un allenatore straniero. I tedeschi avevano squadre piene di giocatori di due metri, poi è arrivato Guardiola e un movimento è cambiato. Certo, so che ci sono problemi».

Gli stipendi?

«Certo. I grandi come Guardiola e Klopp costano. Poi i tecnici stranieri gestiscono il mercato e in Italia non piace. Ma credo che Allegri ora avrà tante responsabilità in questo senso. A me, comunque, del Bayern piace anche la fiducia agli ex campioni».

Il riferimento è a Del Piero?

«Non so perché Del Piero non sia alla Juve. E’ per l’ultimo rinnovo di contratto? Non lo so, una cosa così però per me si può sistemare prendendo un caffè insieme».

Qualche domanda rapida. Qual è stata la Juve più forte dell’era moderna?

«Quella del 2005-06».

E il francese numero 1 di sempre?

«Zizou».

Parentesi, che è successo alla Francia con la Svizzera?

«Ha perso in 10 minuti, dopo aver controllato. Forse è mancato qualcuno che in campo richiamasse la squadra, che dicesse a Pogba “Paul, fermati, non attaccare sempre”. Deschamps lo faceva, come lo facevano Blanc, Montero, Conte».

Riprendiamo. L’attaccante più forte visto in A?

«Ibra».

C’è da giocare la partita della vita: che allenatore si chiama?

«Marcello Lippi».

Sempre la partita della vita, c’è un rigore: chi lo calcia?

«Del Piero».

Passato: mai rischiato di giocare per un’altra italiana?

«Per Fiorentina, Lazio, forse Milan. Più di tutti, per la Roma: credo fosse una scelta tra me e Fabio Junior, non si sono accordati col Monaco e hanno preso lui».

Futuro: dove sarà David Trezeguet il 3 luglio 2031?

«Spero in un grande club. A fare il presidente».

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