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Renzo Ulivieri, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport: "Se preferisco essere nei panni di Ancelotti o Conte? Io volevo essere Liedholm" ha scherzato il presidente dell'Assoallenatori.
Conte è più simile a Ulivieri, all'apparenza.
"Siamo tutti diversi, italiani e in quanto tali difficili da etichettare. Conte è un istintivo, tuttavia non penso proprio che quel discorso alla fine della partita di Champions League sia scaturito dall’arrabbiatura. Se l’è preparato. Persona intelligente, sa quello che dice".
Cosa voleva dire, secondo lei?
"Gli allenatori fanno valutazioni tecniche. Non astratte, molto concrete: il valore della rosa rapportato agli obiettivi della società. Quindi per esprimere un giudizio bisognerebbe sapere esattamente che cosa la società sta chiedendo al tecnico. Ciò che di certo sappiamo è che Conte vuole arrivare e vincere. Almeno lottare fino alla fine per vincere. Non parte con l’idea di stare cinque anni a costruire. Ovviamente sa benissimo che in Italia questo è possibile solo se vai alla Juventus".
Allora finge di non saperlo
"No, è che va alla ricerca dell’impresa. Quando sa che la sua squadra, per dire, è da quarto posto urla che vuole arrivare primo a dispetto di qualsiasi destino. L’uomo è fatto così".
È il suo limite?
"Se lo prendi, è perché lo vuoi in quel modo. Comunque sia Napoli sia Inter usciranno da questo periodo complicato".
Anche per gente come Ancelotti e Conte oggi è più difficile mantenere il controllo dei propri giocatori?
"Quando io ho smesso brontolavo sui giovani d’allora, di che testa avessero. Poi, siccome un po’ di cervello m’e rimasto, ho capito che erano semplicemente diversi da quelli di prima. Ero io a essere incapace di adattarmi. Non è più difficile, è solo differente".
Sembra un'annata letale per gli allenatori. Bastano due risultati storti e si viene messi in discussione.
"È una stagione particolare, nata tra tante tensioni e con molte panchine nuove a cui servirebbe tempo. Stiamo assistendo a scossoni che di solito si verificano tra gennaio e febbraio".
Può essere che Ancelotti, Conte, ma anche Sarri, che hanno lavorato all’estero, si aspettassero vita più facile al ritorno in Italia?
"Conte neppure al Chelsea ha trovato il tappeto di rose. Ma qui in Italia, è vero, non c’è niente di facile. Il nostro calcio è complicato e carico di tensioni. Mi pare che neppure Sarri sia ancora riuscito a trasmettere identità alla Juventus. Probabilmente non ne sente neppure tutto quel bisogno, con la gente che ha".
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