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Renzo Ulivieri, presidente dell'Assoallenatori, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport parlando del fatto che ci siano quattro mister toscani in Serie A:
«Siamo nella norma. Anzi, manca Mazzarri, ma ritornerà anche lui. Tutti hanno una caratteristica della toscanità, un aspetto non carino, però efficace, quella che io chiamo la “merdite”. La giusta mosca al naso».
Ci può spiegare meglio?
«Per gli allenatori toscani la “merdite” è quella cosa che fa drizzare le antenne, che se sta per succedere un fattaccio se ne accorgono un quarto d’ora prima, che li mantiene attenti all’allenamento come alla colazione. È la furberia di chi non si lascia prendere in giro. Siamo un po’ figli di..., ma con delicatezza. E non è l’unica tipicità».
Quali sono le altre?
«La bellezza, per esempio. Noi toscani siamo immersi nella bellezza, sappiamo riconoscerla perché la viviamo a casa nostra dal mattino alla sera, e nel calcio cerchiamo di crearla e trasmetterla».
Le piace la ribollita, la zuppa toscana di verdure e pane raffermo?
«Certo, molto».
Allegri alla Juve non avrà il sapore della ribollita?
«Sarà una gustosa ribollita, con cinque scudetti e due finali di Champions raggiunte. La Juve ha deciso di riprendersi la propria anima, dopo un anno difficile, che sarebbe stato tale anche per Allegri».
Dove ha sbagliato Pirlo?
«Non ha vinto le partite in cui la squadra ha giocato male. Perché gli scudetti si conquistano così, con le vittorie nelle brutte partite. Pirlo però ha chiuso con due trofei e la qualificazione alla Champions. Non male, nel complesso».
Allegri non è troppo risultatista?
«No, lui ci gioca con questa etichetta, si diverte ad accentuarla, ma il suo calcio guarda ai risultati e allo spettacolo. Deve indovinare i nuovi acquisti e deve decidere che cosa fare con Ronaldo».
Lei che cosa farebbe?
«Io fino a un certo punto della mia carriera pensavo che si giocasse undici su undici, poi un collega mi ha convinto che si può fare dieci più uno, e quell’uno sarebbe l’addetto alle conclusioni. Ronaldo è eccezionale al tiro, meno nella partecipazione al gioco. È questa la scelta che dovrà fare Allegri».
Spalletti al Napoli.
«Luciano abita a Montaione, io a San Miniato, da casa mia vedo quasi casa sua. Scherzo... È un allenatore anziano, ma giovanissimo: si aggiorna, guarda lontano, non l’ho mai sentito dire: “Ai miei tempi...”. A Napoli ci vuole un condottiero come lui e attenzione, non voglio affermare che Gattuso non lo sia stato, anzi, Rino ha navigato bene su un mare in tempesta».
Sarri forse alla Lazio.
«Questa storia che il calcio di Simone Inzaghi sia agli antipodi di quello di Sarri non è vera. Anche la Lazio di Inzaghi palleggiava bene. Certo, la difesa a tre non garba a Sarri. I tifosi con lui si divertiranno».
Mazzarri è ancora fuori.
«Rientrerà presto. È stato un mio giocatore, è un amico. Sta aggiornando le sue idee».
Lei come vede il calcio oggi?
«Vedo che le squadre portano sei giocatori in area avversaria. Quando allenavo io, se succedeva, si sveniva per paura del contropiede. Tutto cambia e ritorna. C’è da riprendere il discorso antico del difensore che deve marcare bene nell’uno contro uno. Il futuro prossimo è nella miscela tra difesa di reparto e marcatura individuale».
Lei è giochista o risultatista?
«Vado in piazza e vedo che i ragazzini fanno le porticine e poi si abbracciano se segnano un gol e esultano se il loro portiere ne evita uno. I passaggi non li contano. L’essenza del calcio è semplice: fare gol e non subirli. L’evoluzione è costante. Guardiola faceva il tiqui-taca e oggi verticalizza di più. Klopp verticalizzava e basta, e oggi mi sembra che il Liverpool palleggi di più. Tutto cambia di continuo».
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