La linea fatta trapelare da Inter e Milan sull'inchiesta ultras degli ultimi giorni: ne parla oggi anche il Corriere dello Sport
La linea fatta trapelare da Inter e Milan sull'inchiesta ultras degli ultimi giorni. Ne parla oggi anche il Corriere dello Sport, che aggiorna sulla situazione dopo gli sviluppi della giornata di ieri.
"Mentre la Commissione Antimafia ha deciso di acquisite gli atti dell’indagine e nei prossimi giorni non sono da escludere audizioni, ieri il procuratore Marcello Viola ha ricevuto gli avvocati di Inter e Milan. Le società, come noto, non sono indagate. È chiaro però che da un lato occorre raccogliere maggiori informazioni sui rapporti con gli ultras, e dall’altro, lavorare per interrompere certe modalità di relazione. Tanto più che negli atti dei pm Paolo Storari e Sara Ombra viene evidenziato come «esponenti di FC Internazionale» siano arrivati «persino a negare di essere stati pesantemente minacciati».
Posizioni di Inter e Milan
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La linea fatta trapelare dai club, comunque, è la medesima di questi ultimi giorni. Vale a dire che, oltre a ribadire il fatto di non essere indagate, viene manifestata la totale disponibilità a collaborare. Evidentemente è stato avviato un percorso. Nello specifico, a proposito del club nerazzurro, è probabile che sia stato ribadito quanto già prodotto in una memoria difensiva trasmessa alla procura lo scorso 30 aprile, quando si parlava di infiltrazioni nel tifo organizzato. Ebbene, l’Inter aveva spiegato come in merito ad ogni concessione alla Curva, in particolare i biglietti, ogni passaggio è sempre stato concordato con la Digos. E il medesimo iter è stato seguito per i tagliandi della finale di Champions, compreso quel contingente supplementare. Peraltro, una conferma in questo senso si trova nelle dichiarazioni di Andrea Beretta, ex capo della curva interista, arrestato per l’omicidio di Andrea Bellocco: «La società, in accordo anche con la Questura, è riuscita a ottenere i 1.500 biglietti».
La ricostruzione
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In merito a Beretta, nelle carte dell’inchiesta si legge che perfino due emissari del clan dei Bellocco si sarebbero mossi per minacciarlo. La questione, come noto, era la gestione dei guadagni da merchandising. Ebbene, quelle minacce, insieme alle rivelazioni di una persona, incaricata di «tirarlo in trappola, verosimilmente con un sonnifero» e di «condurlo in un luogo idoneo a perfezionare la sua esecuzione», avevano indotto Beretta a munirsi di una pistola, che si portava dietro, insieme ad un coltello. Li aveva anche in occasione dell’incontro con Bellocco, avvenuto, appunto, lo scorso 4 settembre, poi concluso con l’uccisione di quest’ultimo.