Il giornalista de La Gazzetta dello Sport, Gianni Valenti, dalle colonne della Rosea fa un'approfondita analisi sulla stagione nerazzurra e sulle prospettive future sulla base della situazione attuale: "Per giudicare la stagione dell’Inter e del suo allenatore Roberto Mancini partiamo da un dato oggettivo: l’obiettivo era l’accesso alla prossima Champions League, con tutti i benefici che questo risultato poteva portare, sia in termini di prestigio che soprattutto economici. A meno di clamorose sorprese, per carità sempre possibili, il terzo posto resterà un’incompiuta e la partita di questa sera contro la Lazio diventa importante per blindare definitivamente l’Europa League senza il rischio di passare per i preliminari.
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Stando così le cose il voto da assegnare ai nerazzurri al termine del campionato dovrà essere un’insufficienza piena. Ciò non vuol dire, però, che tutto sia da buttare. Qualcosa di buono, come testimoniano i numeri che potete leggere qui a fianco, è stato costruito e potrà valere come pietra angolare sulla quale edificare la squadra del futuro. Mancini, da uomo intelligente qual è, avrà senz’altro fatto tesoro degli errori commessi, a cominciare dal peccato originale consumato la scorsa estate. E cioè scegliere la strada della squadra muscolare corredata da un nugolo di attaccanti esterni priva però di un vero cervello al centro del campo. Lacuna rimasta sotto traccia durante i primi mesi del campionato grazie a una dose massiccia di cinismo alimentata soprattutto da una difesa imperforabile. Ma che è venuta prepotentemente a galla quando Napoli, Roma e soprattutto la Juventus hanno cominciato a marciare su ritmi elevati.
E’ in quel momento che l’Inter ha messo in mostra le sue contraddizioni tecnico tattiche andando in crisi anche psicologicamente e dilapidando il vantaggio cospicuo che deteneva sulle rivali più accreditate per lo scudetto e la zona Champions. L’allenatore è sicuramente stato preso in contropiede dalla tardiva maturazione italiana di Perisic e Kondogbia. Gli acquisti più cari dei nerazzurri nelle sue intenzioni dovevano essere altrettanti cardini del sistema di gioco e invece hanno impiegato mesi per cominciare a familiarizzare con il nostro calcio. In particolare s’è capito che il francese non ha tra le tante doti quella del metronomo in grado di dettare i tempi di gioco ai compagni. Il ritmo altalenante esibito dalla squadra nel girone di ritorno è stato figlio dei continui cambi di formazione alla ricerca di un mosaico base che ha sempre stentato a completarsi. La consolazione è che questo tourbillon ha favorito una naturale selezione dell’organico dalla quale è emersa la spina dorsale sulla quale costruire il futuro. Che noi individuiamo in questa sequenza: la qualità della difesa imperniata su Handanovic, Miranda e Murillo; il dinamismo eclettico di Medel e la forza di Kondogbia; il talento puro di Perisic, Brozovic e Icardi, anche se è possibile che a causa del fair play finanziario uno dei tre sia costretto a partire per consentire di operare sul mercato.
Naturalmente non dimentichiamo Eder: messo nelle condizioni tattiche ideali l’oriundo può diventare il grande acquisto per la prossima stagione. Insieme all’argentino Banega, virtualmente già preso dal Siviglia, che andrà a coprire la falla più evidente e cioè quella del centrocampista dai piedi buoni. Mancini insomma custodisce tra le mani delle carte di valore e potrà lavorare tranquillo perché ha la fortuna di godere della fiducia della società, pronta a perdonargli qualche acquisto non proprio azzeccato. Thohir a differenza di molti suoi colleghi indigeni una cosa importate l’ha capita subito: serve stabilità in panchina se si vuol sperare di arrivare a vincere qualcosa d’importante".
(Fonte: Gianni Valenti, La Gazzetta dello Sport 01/05/2016)
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