A 24 anni, sfumato lo Scudetto, mi ritrovo nel punto più basso: un problema alla cartilagine del ginocchio. Nessuno, in Italia, se la sente di operarmi. Vedo la parola fine che si avvicina. Poi l’illuminazione. Il professor Steadman era atteso a Montecarlo per un convegno. Mi faccio operare in artroscopia in Italia solo per registrare su una videocassetta la situazione del mio ginocchio. Vado a Montecarlo e con la videocassetta in mano aspetto che Steadman finisca la sua conferenza. Gliela mostro, la guarda e mi dice: “70%”.
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Avevo il 70% di possibilità di tornare a giocare. L’Inter mi è sempre stata accanto, in maniera eccezionale. L’operazione negli Stati Uniti mi ha rimesso in piedi, ma non ero più lo stesso giocatore. Avevo perso flessibilità e velocità. Non avevo perso la sfiga: al Crystal Palace in allenamento un intervento di un compagno mi procura la frattura del perone.
Con gli anni ho imparato a gestire il mio corpo, a non recriminare mai, a guardare sempre in avanti con il sorriso sulle labbra. Quello che in questi giorni proviamo, con Vieri e altri ex compagni nerazzurri, a regalare ai ragazzi che sono in casa. Non ci costa nulla, ci divertiamo noi e divertiamo gli altri.
E ci scappa da ridere quando ripensiamo, insieme, a Valencia-Inter 0-1, al mio gol, all’assedio infinito, a Toldo espulso e a Farinos che si mette tra i pali, con quei guanti grossi il doppio di lui. Ho capito la difficoltà di quei momenti per il povero Francisco quando, al Torino, sono finito in porta contro la Lazio. Ecco: non andate a vedere come ho provato a parare il rigore tirato da Zarate.
(Fonte: inter.it)
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