Il giornalista Sebastiano Vernazza ha parlato a Gazzetta.it dei problemi della Juve sul campo e fuori, iniziati da quando ha lasciato Torino Beppe Marotta.
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Vernazza: “Nessuno come Marotta: ha sempre una soluzione. Involuzione Juve dal suo addio”
Il giornalista Sebastiano Vernazza ha parlato dei problemi della Juve sul campo e fuori, iniziati da quando ha lasciato Torino Beppe Marotta.
Sì può dire che l’involuzione della Juve sia cominciata con il distacco da Marotta? Sì, si può. Marotta se ne andò per le divergenze di visione sull’affare Ronaldo. Marotta non avrebbe preso CR7, consapevole che il maxi-sforzo finanziario avrebbe destabilizzato i conti, senza offrire la certezza aritmetica di un trionfo in Champions che in qualche modo li avrebbe tenuti insieme. Se Marotta fosse rimasto, la Juve probabilmente non avrebbe ceduto all’avventurismo, avrebbe resistito alla tentazione Sarri – allenatore di modi ruvidi e incompatibili con lo stile della casa – e avrebbe permesso ad Andrea Pirlo di crescere e maturare nell’Under 23. Marotta, per sostituire Allegri, arrivato alla fine del suo primo ciclo in bianconero, avrebbe virato su Simone Inzaghi, come ha fatto all’Inter alla fine della primavera scorsa, quando Antonio Conte se ne è andato, a poche ore dalla conquista dello scudetto.
Il decisionismo ragionato e veloce allo stesso tempo è una caratteristica di Marotta e lo dimostrano proprio le sue rapide sostituzioni di Conte. La prima volta gli capitò alla Juve, nell’estate del 2014, quando Conte se ne andò dalla sera alla mattina. In poche ore Marotta portò Allegri e la Juve continuò a vincere scudetti con il valore aggiunto di due finali di Champions. La seconda, come già scritto, nel 2021 all’Inter. Marotta ha sempre in tasca una soluzione istantanea, meditata e mai frettolosa. La dote non è naturale, nessuno nasce con l’impronta del manager. Bisogna lavorarci sopra, studiare, scottarsi con le esperienze. Marotta è nel calcio da quasi mezzo secolo, per capire da quanto lontano arrivi basta cercare in rete la foto che lo ritrae giovanissimo e pieno di capelli sulla panchina del Varese, il Varese di Eugenio Fascetti, l’allenatore che teorizzava il "casino organizzato", e la definizione-ossimoro traboccava ironia, suonava come uno sberleffo ai tanti che confondevano e confondono il calcio con la meccanica quantistica.
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