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Intervenuto ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, Juan Sebastian Veron, ex calciatore dell'Inter, ha parlato così della possibilità dei nerazzurri di conquistare tre trofei in questa stagione.
Veron, che Inter era quella del 2005-2006?
«Fortissima. Una squadra solida, esperta, che sapeva fare bene sia la fase difensiva sia quella offensiva. Non mancava il pressing, non mancavano le grandi intuizioni, non mancava la forza sulle fasce e in mezzo al campo, e non mancava certo la qualità».
Beh, con un Veron a dirigere le operazioni...
«Cominciammo vincendo la Supercoppa a Torino contro la Juve. Andammo ai supplementari e feci gol su un bellissimo assist di Adriano: tiro secco di prima e una corsa liberatoria. Poi il campionato, e tutti sanno come andarono le cose, e poi la Coppa Italia con la doppia finale contro la Roma. Io, però, ero in panchina».
Ricorda però la festa a San Siro dopo il fischio finale?
«Non solo la ricordo bene, ma vi partecipai intensamente. Dominammo la Roma dopo l’1-1 dell’andata. Vincemmo 3-1 e fu una gioia pazzesca. Era una grande Inter, quella: tanti argentini, io, Cambiasso, Javier Zanetti, Cruz, Samuel. Adriano che si trascinava dietro le difese avversarie, un centrocampista come Stankovic che aveva l’oro nei piedi. E là dietro solidi e grintosi con Materazzi e Samuel».
Analogie con l’Inter di oggi?
«Difficile fare paragoni tra epoche diverse. Diciamo che anche in questa Inter vedo potenza, vedo qualità tecnica e vedo determinazione. La squadra di Simone, lo chiamo per nome perché siamo stati compagni alla Lazio, ha passato un brutto periodo ed è riuscita a saltarci fuori alla grande. Soltanto se hai importanti valori tecnici e morali puoi superare certe difficoltà. La Supercoppa l’hanno già vinta, in Coppa Italia hanno raggiunto la finale e in campionato se la giocheranno punto a punto con il Milan, ma partendo da un vantaggio».
Quale?
«Se vincono tutte le prossime partite conquistano il titolo. Significa che sono padroni del loro destino e, in teoria, non dipendono dai risultati degli altri. Non è poco. Certo, possono avvertire la pressione, l’ambiente sarà surriscaldato e bisognerà gestire le emozioni. Ma è sempre meglio partire davanti, piuttosto che dover rincorrere e sperare in un passo falso degli avversari».
Cosa le piace di questa Inter?
«La concretezza. È una squadra con pochi fronzoli, che mira al dominio del campo attraverso passaggi veloci, in verticale. E poi sfrutta molto le corsie esterne, creando in questa maniera la superiorità numerica».
Non punta all’estetica, ma alla sostanza, quindi?
«Come dovrebbero fare tutti. Il calcio è spettacolo, ma è anche risultato. Non si possono scindere le due cose. L’Inter, quando è in vantaggio, cerca di non dare campo all’avversario e punta sul contropiede. E lo fa giustamente. E poi, contro il Milan, ho visto Correa dare un pallone meraviglioso a Lautaro e mi sono brillati gli occhi: tango argentino. Lo sapete che io per Correa ho un debole, l’ho aiutato quand’era un ragazzo e spero che riesca a costruirsi una grande carriera. Lautaro, invece, è già un campione. Come lo è Brozovic: avete visto con quale personalità fa girare la squadra? Sì, questa Inter può fare il “piccolo triplete”, come lo chiamate voi, e se lo meriterebbe».
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