Di Inter-Juve se ne intende l'ex di entrambe le squadre Patrick Vieira. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex centrocampista francese ha parlato della grande sfida di questa sera:
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Vieira: “Inter più familiare della Juve, ma manca rigore. Nessuno vuole perdere questa gara”
L'ex giocatore di Inter e Juve ha parlato della sfida di stasera
«Lo seguirò con attenzione. La Juventus è la società più strutturata tra quelle dove ho giocato. Dalla dirigenza ai tifosi, tutti hanno chiaro il ruolo. E i giocatori sanno di venire dopo l’istituzione. E’ una forza che permette al club di restare ai vertici. Da Torino me ne andai subito, ma a fine carriera non volevo giocare in B. Ho avuto la fortuna di andare all’Inter, un club più familiare ma che manca di rigore».
E’ una sfida che si vive allo stesso modo da giocatore di Inter e Juve?
«C’è molta rivalità ad ogni livello che spesso sfocia in belle partite. Tutti hanno voglia di giocarla e vincere».
Con la Juve già campione d’Italia e l’Inter quasi in Champions che gara sarà?
«Una battaglia. Nessuno vuole perdere. In ballo c’è pure l’onore, in campo e sugli spalti. Magari l’Inter rischia di più, ma la Juve non farà la distratta».
Lei ha vissuto due fasi d’oro del calcio italiano. Oggi com’è?
«Sta tornando agli antichi splendori. Ma è soprattutto la Nazionale di Mancini a indicare la giusta direzione: gioca in modo offensivo, per vincere con i giovani. Che di solito hanno poco spazio in Serie A perché c’è molta pressione, paura di sbagliare e rischiare. Di talento invece ne avete».
Juve, 8 scudetti di fila: un bene o un male per la Serie A?
«Capita pure in Francia con il Psg, in Spagna con il duo Real-Barcellona, in Germania con il Bayern. La Juve lavora meglio, si rinforza bene. Il Milan paga la ricostruzione, l’Inter non si è ripresa dai tempi di Mourinho. Ma in genere, in Italia si ragiona troppo sul breve periodo. Se va male al primo anno, si azzera. Per costruire invece serve tempo».
Ronaldo non è bastato alla Juve in Champions.
«Con lui hai più possibilità di vincere. E’ straordinario, un esempio di professionalità per chiunque. Senza nulla togliere all’Ajax, ciò che ha penalizzato la Juve è che i compagni si aspettavano che Ronaldo facesse qualcosa invece di assumersi le loro responsabilità».
Da allenatore, cosa prende dai suoi ex tecnici?
«Capello era rigoroso e non faceva differenze tra Ibrahimovic, Del Piero o un giovane. Contava la squadra. Di Mancini, la passione che trasmette per il calcio. Di Mourinho, la cura del dettaglio. Con lui sai tutto degli avversari. Wenger ci dava fiducia e libertà, togliendoci pressione. Di Pellegrini, calma, stabilità, serenità».
Una squadra di Vieira come gioca idealmente?
«Con disciplina tattica, possesso palla, strutture di gioco chiare per esprimere un calcio offensivo, destabilizzare gli avversari, creare occasioni».
In Serie A c’è la piaga del razzismo. E’ cambiato qualcosa dai suoi tempi?
«No ed è triste dirlo. Quando un Tavecchio da presidente federale fa certe dichiarazioni, è impossibile che si cambi. C’è molta ignoranza e poca educazione. La tecnologia negli stadi permette di identificare e punire i razzisti. Se i club non lo fanno, vanno tolti punti. Le multe non servono».
Giusto fermare le partite?
«Si, ma spetta anche a noi neri essere più solidali. Anche da avversari. Se un nero si fa insultare, tutti i neri dovrebbero uscire».
E i bianchi?
«Anche, ma non credo succeda, viste le dichiarazioni di Bonucci dopo gli insulti a Kean a Cagliari».
Si vede un giorno allenatore di Juventus, Inter o Milan?
«Qui a Nizza c’è un progetto interessante che voglio costruire nel tempo. Però amo la cultura calcistica italiana. Il mio sogno è di allenare le squadre dove ho giocato».
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