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Insomma l’Inter è diventata negli anni una straordinaria orchestra, con un gruppo di splendidi solisti che hanno scoperto il gusto di volersi e potersi migliorare ancora. Seguendo un allenatore che sa motivare, correggere, esaltare le caratteristiche di ogni calciatore, senza mai pensare di potersi sostituire a loro. Evitando di partecipare a quello stucchevole dibattito. Sì, perché - per mettere a tacere le due fazioni - basterebbe chiedere: ma Simone Inzaghi, secondo voi, è un giochista o un risultatista? Impossibile, a voler essere sinceri, affibbiargli un’appartenenza. Inzaghi è piuttosto un innovatore nella tradizione, uno che - come altri - viene raccontato come un innamorato del 3-5-2, per poi scoprire che Bastoni e Pavard vanno a chiudere il cerchio sulla trequarti, o che Lautaro - come è successo con la Juve - è il primo ad allargarsi. Perché, si dice sempre, all’“io” bisogna sempre sostituire il “noi”. Che poi è l’unico modo, come sa bene e insegna Inzaghi, per crescere anche a livello individuale.
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