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Vocalelli: “Lautaro è il 9 e mezzo che diceva Platini. Un creativo che ci mette la firma”

Marco Astori Redattore 

Le parole del giornalista: "Non c’è da sorprenderci se l’attesissimo derby di Milano sia annunciato come una sfida da 10 assolutamente originale"

Nel corso del suo editoriale per La Gazzetta dello Sport, Alessandro Vocalelli, giornalista, ha analizzato così il derby di Milano che andrà in scena il 16 settembre: "Non c’è dubbio che il calcio sia cambiato moltissimo. Una notte - per estremizzare e riderci un po’ - siamo andati a dormire e il giorno dopo non esisteva più il contropiede. Da quel momento chi non parlava di “ripartenze” era un sorpassato, legato a vecchi concetti. C’è stata anche un’epoca in cui si cercava il terzino migliore. Terzino? Macché, siamo matti, d’ora in poi bisogna argomentare di esterni per stare al passo coi tempi.

Poi è stata la volta di giochisti e risultatisti, con un dibattito che ha addirittura portato a liti furiose. E pensare che fino a quel momento c’era anche chi, come il sottoscritto, era convinto che Sacchi avesse puntato sul gioco per vincere e Lippi - l’altra faccia di una medaglia splendente - non abbia collezionato cinque scudetti e un Mondiale senza porsi un problema di armonia ed equilibrio. Scegliendo semplicemente una strategia differente. Ecco perché non c’è da sorprenderci - e questo è il tema del discorso - se l’attesissimo derby di Milano sia annunciato come una sfida da 10 assolutamente originale. Già, perché il 10 - non solo inteso come voto che meritano ma come numero di maglia - è quello che contraddistingue Rafa Leao e Lautaro Martinez.

Due 10 che più atipici, in controtendenza con il “vecchio” calcio, non potrebbero essere. Un’ala e una punta: solo proporli come “10”, qualche anno fa avrebbe scatenato un oceano di proteste. Perché, istituzionalmente, i numeri 10 sono altri: da Pelé a Maradona e Messi, da Platini a Zico, da Baggio a Totti e Del Piero e potremmo andare avanti all’infinito. Trequartisti e in qualche caso anche di più - fuoriclasse impossibili da imprigionare in un ruolo - che sono passati alla storia e in qualche caso hanno addirittura consigliato di prendere provvedimenti drastici: il ritiro di quel mitico numero 10. Certo è che né Leao e né Lautaro hanno usurpato l’onore, l’onere e comunque il privilegio di indossare una maglia che ha sempre contraddistinto il giocatore speciale: fuori dagli schemi, con un carico di responsabilità superiore.

Certo, non sono - come stile di gioco e appunto come posizione in campo - gli eredi di Rivera o di Suarez, per restare alla storia impareggiabile di Milan e Inter. Non hanno il lancio o la bacchetta dei direttori d’orchestra. Però ci sta benissimo che - in quel famoso calcio moderno a cui accennavamo e che ha proposto nuovi concetti - il 10 possa andare elegantemente e legittimamente a spasso sulle loro spalle. Perché Leao e Lautaro non rappresentano il classico stile di gioco del numero 10, ma interpretano un ruolo carismatico e fondamentale di riferimento per tutto il gruppo. Leao è sempre lì, sponda ideale per qualsiasi compagno in difficoltà. Scaricare il pallone dalle sue parti vuol dire - non sulla trequarti ma sulla fascia - immaginare una giocata speciale, una fonte d’ispirazione e di assist tipica dei fantasisti. Senza contare che quella mezza rovesciata all’Olimpico, contro la Roma, è proprio lì a testimoniare le sue doti di immaginazione, bagaglio dei grandi 10.


E Lautaro Martinez? Lui è un 10 nell’anima, ancora di più con la fascia di capitano, perché rappresenta la semplificazione di qualsiasi problema, la giocata d’autore, il gol con il timbro di classe. A pensarci bene lui più di ogni altro rappresenta quel 9 e mezzo di cui parlava anni fa Platini. Un creativo che, oltre a dipingere, è pronto a metterci sempre la firma. Insomma, se questo è il prezzo da pagare al pallone che sta cambiando - a volte in meglio e in altre decisamente no - in questo caso si può essere assolutamente d’accordo. Magari si potrebbe tornare a parlare di contropiede e terzini, si potrebbe mettere fine allo stucchevole dibattito su giochisti e risultatisti, ma che Leao e Lautaro - al di là dell’aspetto istituzionale - siano giocatori da 10 (in tutti i sensi) non c’è proprio alcun dubbio. E anche per questo sarà un derby davvero speciale, al di là degli schemi. Dove sta scritto che il 10 debba ancora giocare sulla trequarti?".


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