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Se dovesse concretizzarsi la profezia di Marotta («Con Simone siamo solo a metà ciclo»), ci sarebbe davvero la possibilità di riscrivere la Storia, con la s maiuscola, perché Inzaghi riuscirebbe a emulare addirittura HH. Nel frattempo è però storia quello che Inzaghi ha già fatto, soprattutto negli ultimi due anni con una finale di Champions - facendo tremare il Manchester City - e uno scudetto a impreziosire la bacheca. Sarà un caso, ma nell’estate che farà registrare 13 (tredici!) nuovi allenatori in Serie A, lui e Gasperini - i due condottieri della passata stagione tra Serie A ed Europa League - sono stati straconfermati. Ha cambiato invece il Milan, ha cambiato la Juve, ha cambiato il Bologna per restare a quelle che giocheranno la manifestazione più importante, ha cambiato il Napoli (a proposito Inzaghi e Conte sono adesso i soli già “scudettati”) e potremmo andare avanti, citando Lazio, Fiorentina e parzialmente la Roma, che il suo passaggio di consegne lo aveva fatto in corsa, con De Rossi al posto di Mourinho. Insomma, una vera rivoluzione, che certifica il doppio vantaggio che l’Inter - Atalanta esclusa - si è presa sulla concorrenza.
Già, perché la stagione che comincia in pratica oggi, concede all’Inter e a Inzaghi un doppio, significativo, vantaggio. Le rivali si stanno attrezzando - e sullo sfondo si preannuncia un campionato più combattuto - ma due dati restano inconfutabili. Mentre quasi tutti devono scoprire abitudini e metodi del nuovo pilota, l’Inter ha un allenatore che conosce il suo gruppo, così come il suo gruppo sa bene cosa vuole il tecnico. Ma, ed è il secondo e importantissimo risvolto, l’Inter - confermando dirigenza e staff - ha anche già rafforzato l’organico, mettendosi serenamente alla finestra per capire dove e come si può ancora migliorare. Taremi e Zielinski - non due qualsiasi - sono lì, mentre tutti gli altri si affannano nel labirinto del mercato. Perché, anche nel calcio, qualità fa spesso rima con continuità. E non è solo un gioco di parole.
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