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Intervenuto ai microfoni di Sky Calcio Club, Piero Volpi, medico di FC Internazionale, ha parlato della sua esperienza diretta con il Covid-19, ma non solo.
Come sta?
Ho avuto due mesi fa il Coronavirus, sono stato anche ricoverato. Fortunatamente mi hanno curato splendidamente, ma ho toccato con mano l'aspetto medico. Ma questo problema lascia strascichi a livello psicologico, anche ai calciatori e questo non è da sottovalutare. Ora sto bene, spero di riprendere presto le mie attività.
I nodi del protocollo?
C'è anche il discorso dei follow up, dei controlli e del reclutamento della parte diagnostica, in particolare tamponi e test sierologici. Non c'è equità tra le regioni. La Lombardia sarebbe più in difficoltà. Le linee guida dicono che non va toccato il contingentamento dei tamponi per chi ne ha più bisogno: e il problema sono i reagenti, che tendono a scarseggiare in tutta Europa. Io in questo mese sono stato a contatto con tante componenti del calcio: ho trovato in tutte le componenti, anche nei media, uno sforzo. Ho visto una volontà comune di superare questo problema e ripartire. Tutti hanno cercato di ingegnarsi e portare soluzioni: questo si scontra col fatto che la pandemia ha incertezze difficili da superare. E queste debolezze il calcio deve trasformarle in sicurezze: vivremo per tanto in sospensione. Le società non hanno poi le strutture per garantire i ritiri a 60 persone. Noi abbiamo effettuato i tamponi a 70 persone ad Appiano, noi siamo una società importante: immaginate le più piccole come fanno a tenere in ritiro un gruppo chiuso da mantenere. A parte la Juventus, che ha un hotel, le altre non hanno questa possibilità. Gli alberghi aiutano, ma non costituiscono gruppi chiusi: non hai un albergo a disposizione vicino alle strutture.
E' accettabile per i medici la responsabilità solo in caso di dolo?
Questo aiuta tantissimo. Senza il ritiro obbligato, questo diventa più leggero: il calciatore ce l'hai a disposizione 4-5 giorni, la vita a casa non è sotto responsabilità del medico. Non fare il ritiro ha una valenza importante in termini di alleggerimento di responsabilità.
Si cercherà di non avere il ritiro?
Penso di sì, si lavorerà su questo tema. Il ritiro ha tre controindicazioni: il primo è la responsabilità. Non dimentichiamo poi l'aspetto psicologico: tutti siamo stati reclusi e recludere ancora i calciatori non è una cosa favorevole.
Cosa pensano i calciatori di questo?
Ho sentito molti giocatori, sono preoccupati. La preoccupazione è l'anticamera dell'attività psicologica. Vogliono riprendere, ma vogliono garanzie di sicurezza che nessuno può darle. Loro categoria sana? Si, hanno anche risposte immunitarie molto buone: ma poi attorno a loro c'è lo staff e tutto il personale che lavora. I giocatori vogliono giocare, ma vogliono non avere l'ansia di poter entrare in un gruppo con rischi. Le istituzioni calcistiche stanno facendo uno sforzo, passeranno i messaggi al presidente federale, che parlerà col CTS. L'alleggerimento della quarantena in caso di un positivo è in mano al CTS, non può spingerlo il calcio: dipenderà dal numero dei contagi e da come andrà la situazione. Il discorso non è per 2-3 settimane di allenamento, la quarantena di squadra diventerebbe devastante per la ripresa per il campionato.
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