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Zaccheroni: “Quello di Roma il derby più sentito. A Milano c’è rivalità  ma…”

Alberto Zaccheroni ex allenatore dei maggiori club italiani, ha vissuto i più importanti derby della Serie A. A La Repubblica l’attuale ct della nazionale giapponese dice la sua su quale sia il più sentito della penisola: Zaccheroni,...

Francesco Parrone

Alberto Zaccheroni ex allenatore dei maggiori club italiani, ha vissuto i più importanti derby della Serie A. A La Repubblica l'attuale ct della nazionale giapponese dice la sua su quale sia il più sentito della penisola:

Zaccheroni, ma il derby è uguale dappertutto? «No, a Roma è un’altra cosa. Da nessun’altra parte, alla firma, ti chiedono come primo obiettivo di vincere “quella” partita. E i tifosi, e anche molti dirigenti, al fischio finale chiedono subito il risultato degli altri. A Roma quando un derby è finito, comincia già il successivo. Ve lo ricordate il 5 maggio?».

Storia del 2002: la Lazio ospita l’Inter all’ultima giornata e fa piangere Ronaldo. «Noi dovevamo vincere per andare in Uefa, ma tutti ci chiedevano di perdere, per evitare di fare un favore alla Roma in chiave scudetto. Contava più far perdere gli altri, che raggiungere un traguardo nostro. Ecco cos’è il derby. Io diedi retta alla mia coscienza: il calcio è divertimento, e io mi diverto solo se vinco. Ma non restai: fu come aver perso un altro derby, dopo i due di campionato. Quello di ritorno è l’unico che non mi sono giocato alla pari. Noi eravamo sgonfi, la Roma era al top, ne prendemmo cinque. Il mio rimpiantopiù grande».

E il derby di Milano? «Una volta forse fra le due tifoserie c’era anche una differenza di composizione sociale e di pensiero. Oggi, Inter e Milan si scambiano tanti giocatori, altrove sarebbe impossibile. La rivalità c’è, alcuni dirigenti la vivono in modo drammatico. Ma dopo mezzora finisce tutto. E né Galliani né Moratti mi hanno mai chiesto il risultato “degli altri”. Che spettacolo San Siro: rivedo le immagini, mi emoziono e un po’ mi maledico. Sul momento non mi sono goduto tutti i derby, freddo e concentrato com’ero sulla tattica. Al primo, mi ripetevo che era una gara come un’altra, mentivo a me stesso. Posso vantarmi però d’essere stato il primo a fare turnover in un derby».

Sentiamo. «Nel ‘99, avevamo l’Inter e, tre giorni dopo, il Chelsea. Lascio Shevchenko in panchina, che poi entra e decide, vinciamo in rimonta. Tutti i cronisti contro di me, alla fine. Però avevo avuto coraggio e ragione. Oggi è normale, se c’è di mezzo la coppa».

Torino, infine. «Ho allenato il Toro nell’anno più strano, con la Juve in B, e la tensione era tutta sulla salvezza. E con la Juve in A, il Toro era in B. Qui la rivalità è una questione di feudi, la Juventus ha il primato di tifosi in Italia ma in città predominano i granata. Un dualismo molto sentito, certo, ma non con i toni di Roma».

Zaccheroni, chi vince questo scudetto? «La Juve resta la squadra da battere, ha ancora fame, anche sulmercato: se vuole un obiettivo lo ottiene. Il Napoli non scherza, ha fatto sforzi interessanti, è la principale rivale. Le milanesi devono completarsi, la Fiorentina è interessante, Montella ha fatto un lavor splendido, vedremo se Gomez si integrerà, se Giuseppe Rossi recupera, se Ljajic resta, se arriva un altro portiere, chissà...».

È l’anno dei mondiali. «E tutti vogliono andarci. Ma il pensiero del Brasile sarà condizionante nel ritorno, nonprima. Magari nelle ultime partite, senza posta in palio, qualcuno potrebbe risparmiarsi».

E in Giappone come si vivono i derby? «Con enorme passione, ma senza fischi o insulti. Se da una curva parte un coro, l’altra resta in silenzio per non soffocarlo, e aspetta il proprio turno. In questo Paese regna la cultura del rispetto».