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Pensavo di poter raggiungere un club più riconosciuto in Argentina, poi è arrivata questa opportunità di andare in Europa in quel momento il campionato di calcio più importante del mondo. Era un'opportunità, era un salto molto grande passare all'Inter ma sapevo che dovevo approfittarne al massimo che non potevo perderla. Penso che questo passo sia stato fondamentale per completare la mia formazione a livello calcistico ma anche a livello personale. Penso che l'Inter sia un club familiare. In quel momento comprarono me, Rambert che era il capocannoniera del campionato argentino, Paul Ince e Roberto Carlos. Io ero il meno conosciuto.
Parlando con Ottavio Bianchi l'allenatore mi ha chiesto dove mi sentivo più a mio agio all'interno di un campo di gioco: io risposi che mi piaceva giocare a destra. Dopo 15 giorni abbiamo debuttato contro il Vicenza in casa giocherai tu a destra Roberto Carlos a sinistra: per me era toccare il cielo con la mano perché era realizzare un sogno e debuttare ripeto in quel momento nel campionato più importante del mondo. Abbiamo vinto 1-0 quella partita con gol di Roberto Carlos su punizione. Lì è iniziata una carriera che è durata 20 anni. Record di presenze, capitano... la verità è che mi sono successe molte cose belle ma sempre con un enorme sacrificio e una grande cultura del lavoro.
Ero molto attento ai miei allenamenti, guardavo i dettagli di ogni cosa che facevo perché ero convinto che quello che facevo durante la settimana era quello che mi avrebbe accompagnato la domenica della partita, quindi ho cercato di avvicinarmi alla settimana e avvicinarmi a ciò che più sembrava una partita. Così mi sentivo preparato e questo mi ha dato la tranquillità per dopo con le qualità che avevo di poter entrare in campo e dare il massimo.
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