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Sull'essere capitano
—"Essere capitano è una grande responsabilità, rappresenti una squadra importante. Sono diventato capitano molto giovane, avevo compagni di fronte che erano grandissimi campioni, chiunque di loro poteva essere capitano. Avevano credibilità in me, ho cercato di essere sempre un leader silenzioso dimostrando sempre con i fatti e i comportamenti, per me è molto importante. Loro sapevano che tutto quello che facevo era per il bene del gruppo e non per interesse personale. E' stato emozionante, mi ricordo anche Facchetti e Bergomi, per me è una grandissima responsabilità"
L'arrivo all'Inter
—"Il mio primo ricordo è che non mi aspettavo l'opportunità di giocare in Italia. Ero in Argentina, stavo facendo i miei primi passi e mi arriva la notizia che l'Inter mi aveva comprato, non ci credo. C'era ancora il fax, ero in Sudafrica, mi chiama Passarella e mi dice di tornare e fare le valigie. Ho chiamato Paula che in quel momento era la mia fidanzata, i miei genitori per vedere se era vero (ride, ndr). L'Inter è la mia famiglia, me ne sono accorto quando ho conosciuto la famiglia Moratti, ho conosciuto la storia, mi sono trovato bene fin dall'inizio, condividiamo certi valori, l'Inter mi ha fatto crescere, mi ha dato una grandissima opportunità, questo legame sarà sempre forte e andrà al di là dello sport"
La prima da capitano
—"Era una partita di Coppa Italia, è stata una grandissima emozione. Mi sono accorto di avere una grandissima responsabilità davanti ai compagni e a tutto l'ambiente. Fondamentale rimanere se stessi, in una carriera calcistica ci sono diversi momenti, superare difficoltà. Se uno rimane se stesso, i compagni lo riconoscono. Quando fai tutto per il bene della squadra, è tutto più semplice"
Addio e nuovo ruolo
—"Mi piace sottolineare il percorso che uno fa per arrivare a quel momento lì. Dopo le vittorie, alla fine della carriera uno cerca di lasciare stando bene. A me è capitato così, ho scelto io quando lasciare. Avevo 41 anni, avevo dato tutto quello che potevo dare, con sacrifici e cuore, dando il massimo in ogni partita, per prepararmi al dopo. Quando uno prende quella decisione, non sa mai cosa succede dopo. Non è facile prendere una decisione ma era arrivato il momento, da lì in poi, adesso sono in una fase della carriera dove sto imparando tantissimo, ho una missione diversa. Sto studiando alla Bocconi perché non voglio essere un dirigente legato alla parte sportiva, ma avere una visione a 360° che mi permetta di aiutare il club, di essere una risorsa, c'è tanto da fare e posso dare il mio contributo"
Con chi avresti voluto giocare?
—"Con Matthaus, mi identificavo tanto col suo modo di giocare. Quando sono arrivato all'Inter, lui era andato via. Ogni volta che ci incontriamo, parliamo della sua storia all'Inter"
Chi è il nuovo Zanetti?
—"Pettinato come me? (ride, ndr). Neanche a me piace fare paragoni, ognuno deve fare la sua storia. Il calcio è cambiato tantissimo, la cosa più importante è che ognuno faccia ciò che gli piace e che abbia dei valori che il calcio insegna"
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