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Foto: mediaset
Una valanga di polemiche ha travolto la classe arbitrale italiana negli ultimi giorni. E l'argomento è decisamente più grave degli errori che comunque continuano a verificarsi in campo. Il caso D'Onofrio va oltre.
La condanna arriva anche da Ivan Zazzaroni, attraverso il suo editoriale per il Corriere dello Sport di oggi. Questo il pensiero: "Zero all’Associazione Arbitri, l’Aia. Il caso D’Onofrio comporta un mostruoso danno d’immagine per l’intera categoria: sgomenta sapere che Rosario D’Onofrio, il procuratore capo degli arbitri, cioè il magistrato dei giudici del calcio, sia un presunto trafficante di droga. E stupisce la nomina a un incarico così delicato dopo quattro mesi ai domiciliari e una condanna in primo grado per un reato di questa gravità".
E ancora: "L’Aia si difende sostenendo di essere stata ingannata, poiché all’atto della nomina D’Onofrio aveva dichiarato di non avere alcuna pendenza penale. Di più, dicono i vertici degli arbitri, non avremmo potuto sapere, non disponendo di poteri istruttori. C’è da chiedersi però se oltre ai poteri istruttori sia mancato anche il dovuto discernimento. Poiché Rambo, questo il soprannome di D’Onofrio, non è un magistrato, né un giurista, né un arbitro con un passato glorioso, ma un militare sospeso dal servizio per aver dichiarato una laurea inesistente. Se è questo il metodo per selezionare i ruoli di responsabilità c’è da mettersi le mani nei capelli".
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