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Poi è stata la volta di Aurelio De Laurentiis: fresco di successo sulla Juve, con il linguaggio colorito che gli è proprio il presidente del Napoli ha trovato il modo di vietare ai suoi di parlare con Dazn, piattaforma che versa centinaia di milioni per i diritti (silente la Lega). E due giorni fa lo stesso De Laurentiis ha democraticamente strappato Politano a Ugolini di Sky colpevole, secondo lui, di essere laziale. Una passione imperdonabile, immagino. «Puoi parlare solo con Gianluca Di Marzio» ha spiegato al giocatore, in onore dell’inimitabile padre Gianni che il Napoli ha allenato.
Si moltiplicano insomma i presidenti che pretendono di ottenere il cronista di riferimento, possibilmente con tre metri di lingua vellutata. La colpa è dei giornalisti: negli anni molti di noi si sono schierati apertamente con la squadra del cuore diventando organici alla stessa. Sui social si registra il trionfo del leccaculismo artistico. Da sempre mi dichiaro poco obiettivo, ma tendenzialmente onesto: i miei partiti cambiano spesso casacca - e io con loro, naturalmente - e si chiamano Allegri, Mourinho, Ancelotti e Capello, per 40 anni Mancini, e l’indimenticabile Sinisa e Giampaolo, professionisti che portano sul campo il calcio che amo di più. Per non parlare di Baggio, per quindici anni mio riferimento unico e imprescindibile. Sono stato di volta in volta interista, juventino, romanista, laziale, bresciano, fiorentino, milanista e di riflesso “anti” una serie di club. La verità è che una sola squadra può contendere una fetta del mio cuore al Bologna ed è il Napoli. Pertanto, caro Ugolini, la prossima volta che vorrai intervistare un giocatore di DeLa fammi uno squillo. Intercederò volentieri. Non garantisco sugli effetti".
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