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Da calciatore, Simone ha vissuto momenti anche difficili, di irresolutezza. Non immaginavo che da una crisi personale potesse uscire un uomo compiuto e un tecnico vincente, la cui dote principale è l’autocontrollo, associato a una notevole determinazione.
Arrivato sulla panchina della Lazio quasi per caso - era destinato alla Salernitana, soltanto il dietrofront di Bielsa gli aprì le porte della serie A -, Simone non ha fatto questioni, ha lavorato ed è maturato molto in fretta c onfrontandosi e anche battagliando o lamentandosi con Lotito e Tare, una sorta di master in psicologia del calcio, o forse in psicanalisi. Anche all’Inter è stato la seconda opzione - Allegri la prima - ma ha dimostrato di essere una scelta centratissima.
Tiferò per lui. Perché ha una bella storia semplice ed è un professionista che, fedele a un nucleo preciso di elementi e certezze, ci ha creduto e ancora ci crede. Certo, ha trovato in Giancarlo, Marina e Pippo i dirigenti più vicini e presenti.
PS. Quel che temo stasera è il nuovo Guardiola: è molto cambiato, è più fatalista e non cerca più di stupire il mondo. Per lui ora esiste anche l’avversario.
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