Vengo al punto. Seguendo Milan-Atalanta di mercoledì sera, subito dopo l’espulsione di Gasperini (al 38’ del primo tempo!) mi si è accesa una lampadina, ammetto il ritardo: esiste un’altra categoria assai poco tutelata, questa volta dagli arbitri, ed è quella degli allenatori. Se il giocatore della Roma perde la testa con Orsato è giusto che paghi con tre giornate. Se un dirigente minaccia Guida (o simili) va subito allontanato. E se un arbitro o un varista non ne infila una, aggiungo, non può fare questo mestiere. Ho trovato onesta e precisa la disamina di Paolo Casarin sul Corriere della Sera di giovedì. Aggiungo tuttavia che gli arbitri dovrebbero gestire la suscettibilità e recuperare un atteggiamento diverso nei confronti degli allenatori, considerando le pressioni che subiscono da proprietà, tifosi, media e tavolta anche dalla squadra che è ormai un insieme di aziende individuali.
E soprattutto non trascurando il fatto che sono gli unici artisti del circo a pagare col posto di lavoro, spesso per errori commessi dai giocatori, dagli arbitri e dalla stessa società che lo paga e talvolta non ne asseconda le richieste. Ricordo altri tempi, altri arbitri, certo anche altri allenatori, ma due categorie utili alla messa in scena: c’era rispetto - senza trombe e spot -, c’era condivisione di responsabilità. C’era “chi sbaglia paga”. Poi gli arbitri, alcuni dismessi, sono stati piazzati lì non per aggiungere sicurezza al servizio, ma per reggere un cartello con un occhio a lui, il Mister, il Mago, il Condottiero, lo Special, il Dux. L’ingaggio sonante. Ho visto Gigi Agnolin far inginocchiare Falcao. Qualcuno vorrebbe fare lo stesso - che so - con Gasperini, Sarri, Mourinho. Era molto permaloso e le parole altrui gli calzavano come un guanto. Di sfida. (cit.)".
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