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Non spariamo, ma non chiudiamo gli occhi. Perché sul gol della Macedonia che ci ha negato i Mondiali del Qatar, Donnarumma ha denunciato lo stesso letargo. E l’altra sera, poco prima del gol, è parso in ritardo sul tiro a giro di Elmas che ha fatto la barba al palo. Non sarà che giocare in un campionato poco allenante come quello francese gli faccia male?
«Cazzate, e non si offenda se uso questa parola. Elmas era a diciassette metri, ha visto l’angolo e ha calciato fulmineo con tutta la forza e con tutto l’effetto che un bravo calciatore può imprimere al pallone. Se finiva in porta, era imparabile. Non si può trarre un teorema da singoli episodi. Se Benzema gli ruba il pallone fallosamente e fa gol, non si può dire che Gigio non sappia giocare con i piedi. Questo è un modo di raccontare il calcio che sconfina nel pregiudizio».
Sarà che gli italiani della generazione di mezzo sono passati da Buffon a Donnarumma. E converrà che non sono la stessa cosa.
«Ma quanti errori ha fatto Buffon nella sua carriera? Se facessimo una ricerca mirata, ne scopriremmo tanti. Perché più giochi, più errori fai. Questa è l’unica banale verità. Prenda Maignan, che è uno dei più forti che abbiamo in Serie A. L’anno scorso in un paio di occasioni ha commesso errori banali. Lo stesso si può dire di Onana».
Ma non fu lei, negli anni Ottanta, uno dei primi a chiedere che il preparatore dei portieri fosse un ex portiere?
«Sì, al mio arrivo all’Inter. Venivo dalla Samb, dove c’era un preparatore, Piero Persico, che mi allenava con le palline da tennis in spiaggia, e lavorava sui gesti atletici più difficili. Per esempio, la parata con salto all’indietro sui cross che ti scavalcano. A Milano il vice di Marchesi, Alberto Delfrati, metteva dieci palloni sul limite dell’area e ti sparava addosso pallonate pazzesche. Pretesi che prendessero Castellini. E fu un’altra musica».
Ma in un club molto ricco, come il Psg, dove si comprano prodotti finiti, ci si allena meno con le palline da tennis? E magari si finisce per subire un’involuzione?
«Non è così, anzi. Le palline da tennis sono state sostituite da allenamenti più mirati e più scientifici rispetto ai tempi miei e di Tacconi, soprattutto nei grandi club. Se un calciatore come Buffon vince il titolo di miglior portiere del mondo cinque volte tra il 2003 e il 2017, vuol dire che la cura della persona, l’alimentazione, le metodologie e i materiali d’allenamento sono sempre migliorati, perché altrimenti non si resta a certi livelli per quattordici anni. Noi andavamo in campo ancora con i pantaloni della tuta per non sbucciare le ginocchia, oggi i portieri giocano in campi da biliardo. Nei grandi club si evolve, non si involve».
Lei ha conosciuto momenti simili. La sua uscita a vuoto su Caniggia in Italia 90 offrì all’Argentina l’occasione di pareggiare, e poi di qualificarsi ai rigori. Come si supera uno scivolone così?
«L’unica cosa da fare è togliersi di dosso quello che è successo, scrollarselo con le parole e i pensieri, e tornare a giocare. Questo è un professionista. Dopo quella delusione, ho vinto di nuovo il titolo di portiere migliore del mondo, la Coppa Uefa, e ho vestito ancora la maglia azzurra. Così ha fatto Bobo Vieri dopo aver fallito il gol a porta vuota in Corea. Così farà Gigio martedì a Milano contro l’Ucraina».
A San Siro è stato già fischiato. Non sarà facile tornarci in un momento simile.
« Lo conosco, ha una freddezza che sa gestire l’emozione. Comunque è meglio essere insultati che ignorati. Donnarumma a ventiquattro anni ha giocato già trecento partite. Ne giocherà ancora almeno il doppio. Dell’errore di Skopje non parleremo più».
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