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Domani il Crotone affronterà a San Siro il Milan. Per il tecnico dei calabresi, Walter Zenga, ex portiere e bandiera dell'Inter sarà come un derby. Queste le sue dichiarazioni alla vigilia della sfida coi rossoneri:
Walter Zenga, dopo oltre un anno è tornato nel calcio italiano. Ha trovato qualcosa di nuovo sotto il cielo?
«Risposta scontata: il o la var, decidete in fretta il genere per favore così evitiamo equivoci. Come tutti gli esperimenti devono essere valutati con attenzione e hanno bisogno, specie durante il primo anno di applicazione, di modifiche in corsa e piccoli aggiustamenti. Se fossi nei responsabili degli arbitri dedicherei attenzione anche alla particolare condizione degli allenatori. Durante quei pochi secondi o qualche minuto durante i quali l’arbitro consulta il collega davanti al monitor, noi allenatori siamo al buio più totale, dovremmo invece essere coinvolti e ricevere spiegazioni».
E nel campionato invece cosa c’è di nuovo?
«La Juve è la più attrezzata, il Napoli gioca il calcio più geometrico e coraggioso. Ho fatto una battuta la settimana scorsa, ho detto ai miei prima d’affrontare la squadra di Sarri: attenti perché vengono a farci pressing appena scendiamo dal pullman. La risposta dunque è la seguente: niente di nuovo, dunque. Quello italiano è sicuramente un campionato molto equilibrato nel quale anche le altre squadre cosiddette provinciali sono molto organizzate e questa realtà ti costringe a stare sempre sul pezzo».
Questa di Crotone non è la sua prima esperienza al Sud: ci racconti le prime sensazioni...
«Mi ricorda molto la felice esperienza vissuta già a Catania. Crotone è una città che vive di calcio e per il calcio e dove il club ha pochi ma stabili e solidi punti di riferimento che mi consentono di lavorare con serenità, orgoglio e passione».
Lo sa bene che non è facile ripetere l’impresa realizzata da Nicola l’anno prima...
«E infatti mi piacerebbe molto replicare quel risultato. Perché nel campionato passato è stato realizzato un miracolo sportivo. Ripetersi significherebbe raggiungere un successo ancora più esaltante. Perché nel calcio, come nello sport, la regola principale è la seguente: molti possono vincere qualche volta, pochi sono capaci di ripetersi».
Sabato, caro Zenga, lei torna a San Siro contro il Milan dove peraltro non è mai stato considerato un nemico, semmai un rivale da rispettare. Ha una spiegazione?
«Tornare a Milano e a San Siro in particolare mi fa sempre un certo effetto: è la mia città, ci sono le mie radici, i miei amici di una vita. Ho vissuto 22 anni nell’Inter fin da quando ero bambino e credo che il pubblico di fede milanista riconosca e rispetti il nostro senso di appartenenza. Che non è stato solo un patrimonio mio. Perché in occasione dei derby di Milano da una parte c’erano i Maldini, i Baresi, i Costacurta, i Donadoni e dall’altra c’eravamo io, Ferri, Bergomi, Beppe Baresi, Berti. Avevamo tutti la rispettiva maglia tatuata sulla pelle. Non so se mi considerano nemico o rivale, di sicuro ho sempre colto molto rispetto. E spero che questo magnifico spirito resti intatto».
Se potesse dare un consiglio a Donnarumma, cosa gli soffierebbe in un orecchio?
«Di essere semplicemente se stesso. Il calcio è cambiato tanto negli anni, la gestione dei social è diventata un elemento decisivo ma nessuno deve dimenticare che stiamo parlando di un ragazzo di 18 anni da considerare, calcisticamente, un fenomeno. Io gli direi: Gigio ascolta ciò che ti dice il cuore».
E a Buffon che vuole sfondare il muro dei 40 anni cosa direbbe invece?
«Io ho smesso presto. Avevo avuto problemi a un ginocchio, non potevo più resistere a certi livelli e sono partito per gli Usa. Sull’argomento però resto sempre dell’avviso che dev’essere l’interessato a decidere quando è l’ora di smettere. Sostengo inoltre che è meglio sentirsi dire a un certo punto della carriera “ma perché hai smesso” invece che sentirsi dire “hai smesso? bravo...”».
C’è la panchina della Nazionale vacante: chi nominerebbe Ct Walter Zenga?
«Ho due candidati di grande prestigio. Uno è Mancini, mio amico e l’altro è Allegri col quale ho giocato a Padova. “Mancio” ha il fisico del ruolo per fare il ct della Nazionale italiana, Max ha dalla sua l’esperienza di una gestione splendida di grandi campioni e di traguardi impegnativi».
Da Seedorf a Inzaghi e adesso a Gattuso, il Milan ha chiamato di recente i suoi campioni sulla panchina, l’Inter mai: ha una spiegazione per questo fenomeno?
«Premessa essenziale: mi farà un gran piacere ritrovare Rino Gattuso. Non posso dire che siamo amici ma ho nei suoi confronti una sincera ammirazione perché si è fatto da solo da calciatore e da allenatore ha scelto di partire dal basso prima di salire la scala. Nessuno gli ha regalato qualcosa. È vero: il Milan ha sempre esaltato il senso di appartenenza che pure è un valore con scelti di quel tipo. L’Inter invece non l’ha mai fatto. Spero cambi idea in fretta perché non vorrei diventare troppo vecchio...».
(il Giornale)
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