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Sulla ragione per cui Zhang non possa lasciare la Cina non è stata mai fornita una versione ufficiale. Quella ufficiosa e assai debole era che dovesse lavorare al rilancio di Suning e al (fallito) tentativo di trovare un prestito per chiudere il debito con Oaktree. Nel 2019, sul palco dell'aula magna dell'università Bocconi raccontò di non avere mai visto una partita di pallone prima che nel 2016 suo padre acquistasse l'Inter, nell'ambito del piano di espansione calcistica globale di Pechino, lanciato nel 2015 e poi abortito. Sei anni dopo, parlava con disinvoltura di tattica coi calciatori. Dimarco e Çalhanoglu lo hanno salutato con post affettuosi, quando l'Inter è diventata americana.
Quello con Oaktree non è l'unico debito che Zhang Jr non ha saldato. Una sentenza della corte suprema di Hong Kong dell'aprile 2022 — valida anche in Italia, per decisione della Corte d'Appello milanese — lo costringe a restituire 320 milioni a China Construction Bank, istituto posseduto al 59,31 per cento dal fondo sovrano China Investment Corporation (CIC). La banca chiede al Tribunale civile di Milano di obbligare l'Inter a riconoscere al giovane ex presidente (domani l'assemblea dei soci con la nomina del suo successore) uno stipendio, di modo da poterglielo pignorare. È improbabile che Zhang tornerà in Italia, anche se il suo sogno sarebbe assistere a una partita a San Siro da tifoso, "magari in Curva Nord", come ha scritto su Instagram nel post di addio. In sua assenza, il processo italiano va avanti".
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