L’Italia, quando la nazionale gioca un Mondiale o un Europeo, si ferma.
«Certamente il pubblico ha sempre determinato un aiuto notevole. Quando sei all’estero, almeno allo stadio, non puoi però avere sempre tutti dalla tua parte. Anzi... Resta comunque sempre la responsabilità della partita e del dover far bene anche per i tuoi tifosi. Quelli presenti allo stadio e quelli a casa davanti alla televisione».
Il fatto di dover portare avanti la tradizione di un Paese, porta maggiore pressione?
«No, la pressione dipende dove arrivi, siamo sempre lì. Più avanti vai, maggiore è la pressione. Via, via gli scontri diventano più difficili e quindi senti di più la partita».
Quando conquistaste il Mondiale, notò se il Paese mise da parte i suoi problemi? Il vostro clamoroso successo, di fatto, rappresentò un regalo fatto a tutti gli italiani.
«Ancora di più, a dire il vero, e considerando come tutto era nato, la cosa che mi colpì dopo quel successo fu l’entusiasmo che ne scaturì. Fu davvero una soddisfazione immensa per tutti».
Che differenza c’è tra il preparare la finale dei Mondiali, dove tutti gli italiani ti guardano, e preparare una partita scudetto col club?
«Più o meno è lo stesso se parliamo di gare determinanti in Serie A o di Coppa dei Campioni».
Voi nel 1982 foste criticati inizialmente da stampa e tifosi. Poi vinceste il Mondiale. Non è che quelle parole e quegli attacchi finirono per compattarvi?
«Ce l’avremmo potuta fare lo stesso. Col pubblico c’è sempre la responsabilità del voler far bene. Poi per quelle situazioni in Spagna credo che il segreto sia stato avere un allenatore, Bearzot, bravissimo, come Dio comanda».
Anche voi però eravate fortissimi. E dimostraste in campo il vostro valore.
«Nelle situazione così, con tutti contro, non ci si trova spesso. Non ne avevamo neanche uno a favore all’inizio».
Magari una situazione simile a quella di oggi. Tutti tifano Italia. L’audience mostra come gli azzurri siano più visti di Sanremo, ma le critiche ci sono, eccome.
«Secondo me oggi è l’inverso. È vero che anche allora quasi la totalità delle persone sosteneva che fossimo delle pippe, ma io oggi credo che l’Italia possa fare bene».
E arrivare dove?
«Può andare avanti. Sono stati bravi a passare il girone all’ultimo momento. Questo è di buon auspicio per la voglia di non mollare e per il destino che ci ha fatto qualificare a tre secondi dalla fine».
Con la Svizzera non sarà facile.
«Nessuna gara è semplice. La nostra parte di tabellone sembra più facile, ma solo sulla carta. Poi il campo stabilirà se è vero, oppure no».
Chiudiamo con una domanda di campo, da portiere a portiere. Donnarumma oggi è il calciatore più importante della nostra nazionale?
«Il portiere è sempre importante, lui sta facendo benissimo, sin qui il suo apporto è stato notevole».
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